Tutte le volte che i titoli dei giornali e dei notiziari sono occupati da notizie che riportano di una tragedia come quella dell’altro giorno, che ci dava il triste annuncio che la stella di Whitney Houston si è spenta, i commenti che leggo sui social network sono sempre contraddittori e puntualmente i sentimenti del mio neurone, come quando si tolse la vita la grande, immensa Amy, sono rattristati ancor di più da quello che leggo.
In tanti di questi commenti infatti apprendo che si tende a giustificare un pò meno queste morti a risentirsi un pò meno della scomparsa di queste persone seppur siano, ed è sotto gli occhi di tutti, esseri unici che ci hanno regalato cose che nessun’altro probabilmente avrebbe potuto concepire.
Mi ricordo un aneddoto che mi raccontò mio padre, quando si uccise Cesare Pavese: uno dei barellieri con evidenti problemi di calvizie disse: “Ma come ha fatto a togliersi la vita un uomo con così tanti capelli?”!
Vorrei premettere che nemmeno io, come quel barelliere, comprendo il suicidio -ammesso che di questo si tratti nel caso di Whitney-, non solo per questioni pilifere ma perché penso sia una cosa veramente estrema e che toglie quello che di più bello possa esserci capitato… sentire il profumo del caffé, guardare una nevicata, ricevere una carezza, ridere, piangere… però credo che soprattutto in questi casi sia necessaria qualche riflessione.
Io credo che i cantanti, gli scrittori, i poeti, gli artisti in generale, siano persone dalla sensibilità fuori dal comune, dai cui occhi sicuramente il mondo, gli avvenimenti passano filtrati in un modo che noi persone comuni non possiamo nemmeno immaginare. Probabilmente uno schiaffo dato a me potrebbe non risuonare allo stesso modo, avere le stesse conseguenze che lo stesso dato ad un essere con una sensibilità che è magari cento volte la mia.
D’altra parte se così non fosse come potrebbero regalarci cose così belle? Come potrebbe qualcuno aver colto da un’alba particolarmente luminosa l’ispirazione per scrivere una canzone che poi ha cambiò la storia della musica leggera italiana?
A questo vorrei aggiungere che probabilmente la vita condotta da questi artisti, almeno nel periodo di successo, potrebbe averli viziati o abituati ad avere un certo impatto sulle persone e sul mondo e dalle persone e dal mondo ad avere un certo ritorno, che potrebbe ad un certo punto venir meno o in gran parte meno… e allora forse non credete che gli alti e bassi in questo ambito potrebbero realisticamente essere alti molto alti e bassi molto bassi?
Il fatto poi che questi ‘eletti’ siano riusciti ad arrivare dove sono arrivati non necessariamente secondo me significa che abbiano poi anche la forza di reggere tutto quello che è venuto a costruirsi intorno a loro, tutto quello che con gli anni di bello e di brutto si è creato e allora potrebbe arrivare il momento in cui la forza di scegliere di vivere viene meno e magari viene meno, o sembra così, anche quel qualcuno a fianco che questa forza la potrebbe dare. Forza che non è poi più così tanto una forza a volte anche a causa dell’uso di sostanze più o meno alcooliche che oltre ad aggiungere un problema al problema sicuramente tolgono lucidità e appunto quella forza.
Ho pianto alla morte di Amy, perché lo so, se l’avessi conosciuta mi sarebbe piaciuta un casino, ma non ho pianto perché si è uccisa ma perché una persona così è impossibile che non abbia avuto nessuno vicino che le volesse bene quella notte, sempre cazzo, per salvarla, per ridarcela nella sua instabile e fragile bellezza, per il fottuto destino che ha fatto in modo che quella sera io e tanti come me fossimo qui a dormire probabilmente invece di essere là, vicino a lei a dirle che stava facendo una cosa di cui non avrebbe avuto il tempo di pentirsi. Anche se a qualcuno dispiace un pò meno e preferisce dormire.

 

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