Dopo mesi di pressioni ma, per dirla tutta, anche di ottimi risultati scolastici ho deciso di premiare mio figlio e portarlo a mangiare un hamburger da McDonald’s.
E’ stata un’esperienza totalizzante, una serata in cui ci siamo calati nel vero futuro della ristorazione e della società umana. Che vado a raccontarvi.
Quando il premiato mi ha proposto il vecchio McDonald’s io ho rilanciato immediatamente con il nuovo ristorante McDonald’s di Alessandria (nuovo per noi, per la cronaca ha aperto il 23 dicembre 2015) perché, ho argomentato, andare per andare vediamo com’è questo. Il mio compagno di merende, altro malato di novità, non ha battuto ciglio ed eccoci nel parcheggio.
Pieno. E’ giovedì. Subito penso che sia gente che affolla il monomarca affianco, aperto da due giorni, che vende i nuovissimi taglia-peli-del-naso-unisex firmati Ferragnez ma dopo un breve sguardo mi rendo conto che non ci sono altri accessi e quelle macchine non possono che essere di affamati avventori della famosa catena americana.
Dopo una breve sosta per ammirare il parco giochi esterno, ancora chiuso per il maltempo, varchiamo la fatidica soglia e subito mi sorprendono alla mia sinistra tavoli da cui escono delle console, in postazioni alternate, alle quali sono incollati under-ottenni che guidando astronavi o formula uno si scatenano in paraboliche ed evoluzioni degne del Barone Rosso. Dev’essere per favorire il dialogo, mi vien subito da pensare.
Facciamo due passi, il secondo pensiero dopo essermi ripreso dalle evoluzioni dei suddetti aviatori è che siamo capitati in una festa di compleanno tale è la quantità di bambini, tutti truccati, vestiti in modo buffo e in vena di far casino, per essere in un giorno infrasettimanale. Dell’anno 2019.
Avanziamo verso le casse ignorando i pannelli che ci invitano a ordinare, pagare e sederci direttamente al tavolo prendendo un tragico segnaposto che farà magicamente giungere il panino velenoso direttamente al nostro tavolo.
Tutto sempre per favorire il dialogo penso subito, di nuovo.
Ma tra una decina di minuti tutto mi sarà chiaro.
Giunti alle casse, prive coda, mi accorgo immediatamente che sono anche prive di cassiera. Effettivamente vedo le addette tutte molto indaffarate, non è semplice districarsi nelle ordinazioni di una festa di compleanno e distribuire i corretti vassoi agli invitati. Meglio così, non essendo abitué scegliere con cosa avvelenarsi non è immediato, ne approfittiamo per decidere con calma.
Tra circa otto minuti tutto mi sarà chiaro.
Dopo circa sei minuti arriva una gentilissima giovane ragazza, nel perfetto costume McDonald’s, alla quale trasmettiamo le ordinazioni, alla quale paghiamo il dovuto, la quale consegnandoci il segnaposto numero 117 ci avverte che i nostri panini ci verranno recapitati direttamente al tavolo che gentilmente sceglieremo.
CAZZ…
Scegliamo due posti in uno dei due soli tavoli liberi evitando accuratamente ogni tipo di cloche o videocoso. Siamo in compagnia di un papà con due figli all’apparenza normo dotati che addentano panini informi. Sembra che stiano tenendo dei posti per amici (del veleno).
Tra gli schiamazzi colpisce la mia attenzione un tavolo, forse il più silenzioso, occupato da una famiglia con tre figli che in cinque pesano per dieci, infatti il tavolo sarebbe da otto, con vassoi strapieni di cibo che stanno appunto silenziosamente divorando. Il capo branco nonchè capo famiglia ad un certo punto, con ancora un panino in mano e il rigagnolo di ketchup che scende dalla bocca, estrae una siringa di insulina dalla tasca del giubbotto di jeans, strappa il tappo con la bocca, si punge rumorosamente e la richiude per poi immergersi nuovamente nel suo cestino di patatine.
Guardo lui (mio figlio), lui guarda me, io sono allibito, lui mi fa quella faccia sorridente braccia larghe, palmi delle mani rivolti verso l’alto a dire: papà “c’est la vie”. Scuoto la testa.
Arrivano i panini?
No. Arrivano gli amici dei nostri compagni di tavolo. Una famiglia di quattro persone con due figlie.
I genitori sono clamorosamente decerebrati: lei sembra una geisha ritardata, ma occidentale, lui non è visibile ad occhio nudo talmente è insignificante credo sia impagliato, le due figlie arrivano direttamente dai telefilm americani spazzatura che intravedo mentre lui (il premiato) scanala tra i programmi dei bambini. Potrebbero avere 9 e 11 anni, truccatissime. Al giovedì. Da McDonald’s. La più grande parla, probabilmente è normale, l’altra si esprime esclusivamente con il linguaggio dei gesti, ma dei gesti dei telefilm… per dire che non le piace mette i pollici in giù, inclina la testa a destra e fa una smorfia… per dire che le piace fa una piroetta, alza le braccia tipo ballerina, poi rimane dieci secondi bloccata col sorrisone.
Guardo lui (sempre lui), lui guarda me, io sono allibito, lui non mi fa facce e mi dice: “Papà ma è normale quella lì?”
Arrivano i panini!
E mi salvano dal dover dare risposte complicate.
E c’è anche la birra che a questo punto ci vuole. Perché ok avvelenarsi col cibo ma almeno bevo sano.
Mangiando mi guardo intorno, scorgo anche persone. Cerco un cenno di comprensione da qualcuno, provo ad incrociare lo sguardo di una tipa sui 40 capello corto che sembra normale, mangia su uno sgabellone apparentemente sola.
Dopo poco arriva un tamarro semi-brizzolato con il giubbotto di pelle con per mano un marmocchio col giubbotto di pelle. Capisco tutto.
Abbasso lo sguardo. Buono il panino.
Fortunatamente lui mi chiede di ordinarne un altro da dividere in due, sono contento di poter vivere ancora per una mezz’ora quello spaccato di futuro (di UN futuro che mi fa un po’ paura e tanto schifo) perché non so so quando capiterà ancora. E soprattutto di farmi un’altra birra.
E’ stata una serata così surreale che ancora oggi, a distanza di due settimane, quando mi torna in mente mi chiedo se l’ho vissuta veramente o se è stata solo un brutto sogno.
Il fatto che lui non mi abbia più richiesto il suo premio però mi fa sorgere il tragico dubbio che sia stato tutto vero, tranne la festa di compleanno ovviamente, che c’era di sicuro, ma probabilmente si è svolta al Burger King, di fronte.