Quando devo mettere nero su bianco le mie impressioni su un libro, io che non sono un giornalista nè un recensore per professione, spesso mi domando cosa devo scrivere. In questo caso dovrei forse dire che questo è un romanzo che narra la storia di un ragazzo, ex straight edge, ex componente di un gruppo hardcore che, fuggito ad Amsterdam dopo un’adolescenza un pò borderline, torna a Milano per fare i conti con il suo passato?
Non è forse che questa è roba che si legge su tutti i siti di vendita di libri online che spesso copiano e ricopiano i risvolti o la quarta di copertina?
Questa volta inizio dicendo che non mi ricordo di aver letto un libro che mi ha preso così tanto e che era tanto che non finivo un libro con il nodo in gola, i lacrimoni e la certezza di aver letto qualcosa che sento decisamente mio.
In questo romanzo (hardcore) c’è tutto quello che io cerco quando apro un libro: gioventù, musica, ribellione, amici, nemici, aggregazione, rapporti (con i genitori, con la polizia, con altri gruppi di giovani), sogni, idee, insomma vita, cazzo!
Quello che brucia non ritorna” è il libro ideale per chi ha sognato di fuggire, per chi ha sognato di suonare, per chi ha sognato di ribellarsi, per chi l’ha sognato e anche per chi l’ha fatto davvero. E vi assicuro che lo è anche per chi non è mai stato e non sarà mai straight edge -come me- e la musica hardcore non l’ha considerata mai più di un rumoroso fastidio -come me- perchè queste cose sono solo un corollario, quello che è centrale nel racconto sono gli ideali, il loro valore e come questi poi si scontrano con le urgenze quotidiane e con i vincoli che la società in cui viviamo ci pone.
E’ un romanzo ruvido per quanto ci presenta una realtà scomoda ma dolce per la sincerità del suo protagonista e per quanto ci si innamora di lui e della sua purezza. A completare la bellezza di questo libro che consiglierò per i prossimi 70-80 anni è il modo di scrivere dell’autore il quale alterna il racconto del presente, da quando Smalley, il protagonista, riceve una lettera e decide di tornare in Italia con flashback che a poco a poco svelano il passato dello stesso e, di conseguenza, i motivi che lo spingono a fare determinate scelte.
Uno di quei libri che se ne leggi un capitolo vieni risucchiato inesorabilmente fino alla fine in pochi giorni.

Da leggere ascoltando: no io proprio hardcore non ce la faccio e poi non riesco a leggere con quella roba nelle orecchie. Direi “P.A.I.N. – Oh my god! We are doing it!“, per me la colonna sonora della rivoluzione che avrei voluto fare.

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