Dalla lettura di questo libro non si può certo dire che Steve Cowens non amasse la propria squadra del cuore e che non si sentisse di rischiare tutto per lei, nemmeno si può affermare che fosse molto salutare incontrare la Blades Business Crew andando in trasferta a Sheffield o quando lo United giocava fuori casa.
Se lo prenderete in mano leggerete il racconto spaventosamente dettagliato di anni di partite e di scontri tra ragazzi inglesi per affermare una superiorità, quella superiorità che non vale nessuna coppa, nessun trofeo, ma ti permette di entrare nella storia di quello che ruota(va) intorno allo sport più bello del mondo.

Riesco a capire il senso di tutto ciò, è come una droga, una volta che entri nel giro non puoi più farne a meno.
Steve infatti racconta che si era imposto di giocare in una squadra amatoriale per star lontano dai guai… ma poi ha smesso… il richiamo di quel mondo fu troppo forte.
L’autore si sofferma spesso su questo tema… la vocina che ti dice smetti e quella che invece ti chiama verso il pub o lo stadio… o verso un’altra città.

Da lettore straniero avrei preferito qualche riflessione in più su quello che era il mondo ultrà inglese di allora e su quello che è diventato, su quello che era il calcio inglese negli ’80-’90 e su che cos’è diventato, Steve Cowens invece si sofferma maggiormente sui racconti delle battaglie e delle partite cosa  sicuramente più interessante per chi ha vissuto in prima persona quelle giornate o quei campionati, meno per chi non è addentro all’ambiente.

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